Si riporta di seguito il testo del parere del Consiglio di Stato n. 3185/2019, reso in ordine allo Schema di decreto del ministro della giustizia avente ad oggetto: “regolamento concernente modifiche al decreto del ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, ai sensi dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247”.
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 5 dicembre 2019
NUMERO AFFARE 00427/2019
OGGETTO:
Ministero della giustizia ufficio legislativo.
Schema di decreto del ministro della giustizia avente ad oggetto: “regolamento concernente modifiche al decreto del ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, ai sensi dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247”.;
LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione in data 15/03/2019 con la quale il Ministero della giustizia, Ufficio legislativo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;
Visto il parere interlocutorio del Consiglio di Stato n.1347/2019, in data 2 maggio 2019;
Vista la relazione integrativa del 21 novembre 2019, trasmessa con nota n. 12136 del 22 novembre 2019, con la quale il Ministero della Giustizia ha inviato le modifiche al testo inizialmente trasmesso;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Fabrizio Cafaggi;
Premesso e considerato.
Lo schema di decreto ministeriale introduce modifiche alla disciplina regolamentare delle specializzazioni forensi prevista dall’articolo 9 della legge n. 247 del 2012, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5575/2017, depositata il 28 novembre 2017, con la quale sono state confermate le sentenze del T.A.R. Lazio che avevano parzialmente annullato il decreto del Ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, limitatamente alle disposizioni relative all’elenco dei settori di specializzazione e alla disciplina del colloquio diretto ad accertare la comprovata esperienza necessaria per ottenere il titolo di specialista anche in assenza del compimento dei previsti percorsi formativi specialistici.
L’art. 9, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 stabilisce che: “È riconosciuta agli avvocati la possibilità di ottenere e indicare il titolo di specialista secondo modalità che sono stabilite, nel rispetto delle previsioni del presente articolo, con regolamento adottato dal Ministro della giustizia previo parere del CNF, ai sensi dell’articolo 1”.
L’art. 9, comma 2, della legge stabilisce che “il titolo di specialista si può conseguire all’esito positivo di percorsi formativi almeno biennali o per comprovata esperienza nel settore di specializzazione”.
Con decreto del Ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, è stato adottato il Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista. Il D.M. 144 regola dunque l’ambito e le modalità relative al conseguimento del titolo. L’art. 2, comma 2, del Regolamento, stabilisce che “il titolo di avvocato specialista è conferito dal Consiglio nazionale forense in ragione del percorso formativo previsto dall’articolo 7 o della comprovata esperienza professionale maturata dal singolo avvocato a norma dell’articolo 8”. Si definiscono pertanto due possibili modalità di conseguimento del titolo di avvocato specialista: il superamento di percorsi formativi o la particolare esperienza professionale, accertata con le modalità previste dalla legge.
Il testo della disposizione, successivamente annullata dal TAR del Lazio con quattro sentenze (nn. 4424, 4436, 4427 e 4428 del 2017), confermate dal Consiglio di Stato, conteneva il seguente elenco di settori: a) diritto delle relazioni familiari, delle persone e dei minori; b) diritto agrario; c) diritti reali, di proprietà, delle locazioni e del condominio; d) diritto dell’ambiente; e) diritto industriale e delle proprietà intellettuali; f) diritto commerciale, della concorrenza e societario; g) diritto successorio; h) diritto dell’esecuzione forzata; i) diritto fallimentare e delle procedure concorsuali; l) diritto bancario e finanziario; m) diritto tributario, fiscale e doganale; n) diritto della navigazione e dei trasporti; o) diritto del lavoro, sindacale, della previdenza e dell’assistenza sociale; p) diritto dell’Unione europea; q) diritto internazionale; r) diritto penale; s) diritto amministrativo; t) diritto dell’informatica.
Il Ministero della Giustizia ha modificato il decreto ministeriale riformando sia la parte concernente la definizione delle specializzazioni sia quella riguardante lo svolgimento del colloquio.
Le censure riguardanti le modalità di definizione delle specializzazioni, riconosciute fondate anche dal Consiglio di Stato, concernevano i criteri di identificazione dei settori, ravvisando ad esempio l’esistenza di una asimmetria tra le specializzazioni in diritto civile e quelle riguardanti il diritto amministrativo ed il diritto penale. Affermava il Consiglio di Stato, richiamando la pronuncia del T.A.R.: “Il T.A.R. ha ritenuto la suddivisione delle specializzazioni palesemente irragionevole e arbitraria nonché illogicamente omissiva di determinate discipline giuridiche, e la sentenza resiste alle critiche che sono mosse con l’appello. Come osserva il parere del C.N.F., l’elenco prende le mosse dalla tripartizione tradizionale fra diritto civile, penale e amministrativo. Tuttavia, esso poi dilata ampiamente il primo settore e non introduce nessuna differenziazione nell’ambito degli altri, laddove è ben noto che quanto meno il diritto amministrativo conosce sotto-settori autonomi nella pratica, nella dottrina e nella didattica, che – al pari di quelli del diritto civile – meriterebbero di essere considerati settori autonomi di specializzazione; mentre, per converso, appare discutibile, in termini di ragionevolezza, l’ analitica suddivisione per il diritto civile. In altri termini, la previsione regolamentare presenta una intrinseca incoerenza laddove sembra prescegliere criteri simmetricamente diversi nella individuazione delle articolazioni interne ai settori.”.
Puntualizzava il Consiglio di Stato di non volere sindacare nel merito le scelte del regolatore “ma di vagliarne la coerenza e la sostenibilità rispetto al metro della logicità e della ragionevolezza; vaglio che, come detto, non può che avere esito negativo.”. Il Consiglio di Stato invitava dunque ad un profondo ripensamento della disciplina, adottando parametri che rispettassero i criteri di effettività, congruità e ragionevolezza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5575/2017).
Il Ministero della Giustizia trasmetteva uno schema di decreto con integrazioni e modificazioni della disciplina in ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato.
Questa Sezione, con il parere interlocutorio citato in premessa, disponeva un’audizione, richiedendo lo svolgimento dell’AIR e raccomandando modifiche allo schema di decreto al fine di una puntuale ottemperanza alle indicazioni formulate dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.
In relazione alla Analisi di impatto della regolamentazione la Sezione sottolineava la necessità di svolgere una analisi della domanda e dell’offerta dei servizi legali, indicando nella necessità di colmare il gap tra offerta e domanda una delle principali ragioni della regolamentazione della specializzazione. I fenomeni innovativi riguardanti l’offerta dei servizi legali, con crescente rilievo dell’innovazione tecnologica, rendevano necessario un intervento regolatorio che riguardasse non solo i contenuti ma anche le modalità tecnologiche di offerta di tali servizi (OCSE).
L’AIR, a seguito del parere interlocutorio, è stata svolta compiendo anche una consultazione in osservanza delle prescrizioni contenute nel Regolamento 169/2017 che richiede una base di dati ed una ricognizione delle opinioni delle categorie maggiormente interessate al fine di perseguire un elevato livello qualitativo dell’intervento regolamentare. La consultazione, realizzata attraverso questionari in forma telematica e focus group, ha avuto ad oggetto tre profili: le dimensioni del gap tra domanda ed offerta di servizi legali, le cause di tali gap e gli elementi di contesto.
Gli esiti della consultazione, sintetizzati nella relazione AIR, sono contenuti nel rapporto predisposto dall’ Osservatorio nazionale permanente per l’esercizio della giurisdizione (ONPG). I risultati principali chiariscono l’esistenza di un disallineamento tra offerta e domanda dei servizi legali, indicando la stretta correlazione tra specializzazione della professione, qualità dell’offerta dei servizi e potenziale riduzione dei tempi del contenzioso quale necessaria risposta regolatoria a tale disallineamento. Si sottolinea nell’ AIR, in particolare, la correlazione tra specializzazione ed integrazione delle competenze, al fine di evitare che un eccesso di specializzazione si traduca in un aumento dei costi di coordinamento tra competenze, addossati in ultima analisi sul cliente.
In tale prospettiva non sfugge il nesso tra specializzazione e modelli organizzativi dell’offerta di servizi legali con particolare attenzione alla differenza tra grandi e piccoli centri urbani e le zone rurali. Tale offerta differisce anche in relazione alla dimensione delle imprese, ravvisandosi un deficit particolarmente significativo per le PMI, le cui risorse per l’accesso a competenze specializzate sono limitate.
La relazione AIR sottolinea come la riduzione dei costi di ricerca del miglior sistema di competenza debba costituire uno degli elementi principali della ratio dell’intervento regolatorio. Essa individua tra gli effetti positivi di lungo periodo l’incidenza della specializzazione sulla tempestività, leggibilità e rispondenza dell’offerta alle necessità ed ai bisogni di cittadini ed imprese relativi ai servizi legali.
L’Air identifica, come richiesto dal parere interlocutorio, in ottemperanza alla disciplina introdotta dal Regolamento 169/2017, indicatori per la valutazione dell’efficacia dell’intervento normativo.
L’intervento regolamentare in esame si giustifica, dunque, in ragione di un evidente fallimento del mercato dei servizi legali dove l’asimmetria informativa tra professionisti e clienti si traduce spesso in fenomeni di selezione avversa. La specializzazione ed un’ adeguata organizzazione del coordinamento tra le diverse specializzazioni tra studi legali dovrebbe contribuire ad aumentare la qualità dell’offerta, riducendo gli effetti negativi dell’asimmetria informativa anche attraverso l’uso di tecnologie dirette alla semplificazione. E’ necessario evitare che la specializzazione della professione si traduca in una barriera cognitiva per coloro che dispongono di minori risorse e competenze. L’intervento regolamentare in oggetto dovrebbe avere ad oggetto il perseguimento di tali obiettivi
La disciplina dei settori di specializzazione è stata parzialmente modificata con lo schema di decreto a séguito del parere interlocutorio del Consiglio di Stato n. 1347/2019 e dell’Adunanza del 23 maggio 2019 della Sezione Consultiva per gli Atti Normativi fissata per l’audizione delle amministrazioni interessate (Ministero della Giustizia e Consiglio Nazionale Forense), nel corso della quale si è svolto un confronto su diversi aspetti dello schema di regolamento.
Con il testo riformato si procede a suddividere le materie in settori e ambiti secondo modalità diverse da quelle che avevano guidato la redazione del testo precedente le cui disposizioni sono state annullate dal Consiglio di Stato. Ad esito delle richieste contenute nel parere interlocutorio si è proceduto ad una ulteriore modifica del testo sia dei settori che degli indirizzi anche al fine di adeguare maggiormente la partizione delle due categorie alla specializzazione della domanda dei servizi legali.
Giova ricordare che la pronuncia di annullamento del Consiglio di Stato indicava tra gli altri profili la ingiustificata disparità tra diritto privato, diritto amministrativo e penale. Nella versione precedente del D.M. 144 solo il primo risultava suddiviso in indirizzi.
Con la riforma predisposta a seguito della sentenza del Consiglio di Stato e con l’intervento, successivo al parere interlocutorio, si procede ad una suddivisione dei tre settori in indirizzi
alla luce delle valutazioni emerse sia dal parere del CNF sia dalla consultazione.
Si è dunque meglio chiarito il rapporto tra settori e indirizzi di specializzazione afferenti ai tre settori più ampi (diritto civile, penale e amministrativo), prevedendo all’articolo 1, lettera b), l’inserimento nell’articolo 3, comma 2, del decreto ministeriale n. 144 del 2015, della disposizione secondo la quale “Nei settori di cui alle lettere a), b) e c) il titolo di specialista si acquisisce a séguito della frequenza con profitto dei percorsi formativi ovvero dell’accertamento della comprovata esperienza relativamente ad almeno uno degli indirizzi di specializzazione indicati nei commi 3, 4 e 5, in conformità alle disposizioni del presente regolamento”.
Con il nuovo testo i menzionati tre settori sono stati ulteriormente suddivisi in indirizzi di specializzazione, rilevanti sia ai fini dei percorsi formativi sia ai fini dell’acquisizione del titolo per comprovata esperienza, e non anche gli ulteriori settori di specializzazione di cui all’articolo 3, comma 1. Il legislatore non ha tuttavia ritenuto utile proporre sotto-settori o indirizzi afferenti agli altri settori di specializzazione, connotati da una più evidente omogeneità di contenuti e profili applicativi.
Le osservazioni contenute nel citato parere interlocutorio del Consiglio di Stato unitamente agli esiti dell’approfondimento istruttorio concordato in occasione della audizione, relativo alla ricognizione della domanda di servizi legali specializzati, hanno condotto ad introdurre ulteriori modifiche ed integrazioni al testo del decreto anche per tener conto delle più recente evoluzione del mercato di tali servizi.
Nell’attuale schema afferiscono pertanto al settore del diritto civile i seguenti indirizzi di specializzazione: diritto successorio; diritti reali, condominio e locazioni; diritto dei contratti; diritto della responsabilità civile, della responsabilità professionale e delle assicurazioni; diritto agrario; diritto commerciale e societario; diritto industriale, della proprietà intellettuale e dell’innovazione tecnologica; diritto della crisi di impresa e dell’insolvenza; diritto dell’esecuzione forzata; diritto bancario e dei mercati finanziari; diritto dei consumatori.
Al settore del diritto penale afferiscono i seguenti indirizzi di specializzazione: diritto penale della persona; diritto penale della pubblica amministrazione; diritto penale dell’ambiente, dell’urbanistica e dell’edilizia; diritto penale dell’economia e dell’impresa; diritto penale della criminalità organizzata e delle misure di prevenzione; diritto dell’esecuzione penale; diritto penale dell’informazione, dell’internet e delle nuove tecnologie.
Al settore del diritto amministrativo afferiscono i seguenti indirizzi di specializzazione: diritto del pubblico impiego e della responsabilità amministrativa; diritto urbanistico, dell’edilizia e dei beni culturali; diritto dell’ambiente e dell’energia; diritto sanitario; diritto dell’istruzione; diritto dei contratti pubblici e dei servizi di interesse economico generale; diritto delle autonomie territoriali e del contenzioso elettorale; contabilità pubblica e contenzioso finanziario-statistico.
La Sezione esprime apprezzamento per le modifiche adottate e le indicazioni concernenti gli indirizzi che meglio riflettono gli ambiti attuali di specializzazione dell’offerta dei servizi legali.
Un secondo profilo, oggetto della sentenza di annullamento del Consiglio di Stato, successivamente sollevato anche in sede di parere interlocutorio, riguardava il colloquio con cui verificare i requisiti di coloro che presentavano istanza di riconoscimento della specializzazione. In risposta al rilievo secondo il quale la disciplina ed in particolare l’oggetto del colloquio risultavano sostanzialmente privi di regolazione lo schema ha provveduto a rispondere definendo meglio obiettivi e contenuti del colloquio.
Per ciò che concerne le modalità di svolgimento del colloquio, nella citata sentenza del Consiglio di Stato, si legge che “Ciò che fondatamente si contesta … non è l’adozione dello strumento prescelto dal regolamento (il colloquio), che è di per sé senz’altro ragionevole e legittimo, ma – esattamente al contrario – la circostanza che tale strumento abbia contorni nebulosi e indeterminati, anche perché l’attribuzione di competenza in materia al C.N.F. “in via esclusiva” (ai sensi dell’art. 9, comma 5, della legge) non può risolversi in una sorta di delega in bianco” (Cons. Stato, n. 5575/2017).
Lo schema attuale di regolamento prevede in primo luogo un rafforzamento della posizione di terzietà della Commissione incaricata di condurre il colloquio, divenuta per quattro quinti di nomina ministeriale. In particolare, si stabilisce che il Consiglio nazionale forense conferisce il titolo di avvocato specialista per comprovata esperienza sulla base di un colloquio svolto davanti ad una commissione composta da tre avvocati iscritti all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori e da due professori universitari di ruolo in materie giuridiche in possesso di documentata qualificazione nel settore di specializzazione oggetto delle domande sottoposte a valutazione nella singola seduta e, per i tre principali settori, nei relativi indirizzi. Il Consiglio nazionale forense nomina un componente avvocato, i restanti sono nominati con decreto del Ministro della giustizia.
Il colloquio è diretto ad accertare l’adeguatezza dell’esperienza maturata nel corso dell’attività professionale e formativa nel settore di specializzazione in conformità ai requisiti e secondo i criteri di cui all’articolo 8. All’articolo 8, comma 1, lettera b), è stato aggiunto in fine il seguente periodo: «Nella valutazione dei requisiti di cui al presente articolo, la commissione di cui all’articolo 6, comma 4, anche in deroga al previsto numero minimo di incarichi per anno, tiene conto della natura e della particolare rilevanza degli incarichi documentati e delle specifiche caratteristiche del settore di specializzazione».
A séguito del parere interlocutorio del Consiglio di Stato e dell’audizione davanti alla Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, la disciplina è stata ulteriormente integrata per chiarire che obiettivo del colloquio è non già l’effettuazione di un esame avente ad oggetto le materie alle quali la domanda di acquisizione del titolo di avvocato specialista corrisponde, bensì la verifica della completezza e della congruenza al settore o ai settori, nonché agli indirizzi di specializzazione, dei titoli e della documentazione presentata a supporto della domanda stessa, in riferimento ai criteri enunciati all’articolo 8 del Regolamento. La modifica risponde alle censure mosse dalla sentenza di annullamento ed alle perplessità sollevate in sede di parere interlocutorio sullo schema precedente.
Sulle modalità del colloquio, l’articolo 1, comma 1, lettera e) precisa poi che all’articolo 8, comma 1, lettera b), le parole “quindici per anno” sono sostituite dalle parole “dieci per anno”; e che alla medesima lettera b) è aggiunto in fine il seguente periodo: «Nella valutazione dei requisiti di cui al presente articolo, la commissione di cui all’articolo 6, comma 4, valuta la congruenza dei titoli presentati e degli incarichi documentati con il settore e, se necessario, con l’indirizzo di specializzazione indicati dal richiedente. Anche in deroga al previsto numero minimo di incarichi per anno, la commissione tiene conto della natura e della particolare rilevanza degli incarichi documentati e delle specifiche caratteristiche del settore e dell’indirizzo di specializzazione».
Lo schema di decreto introduce all’articolo 2, comma 1, una disciplina transitoria diretta ad estendere la disciplina (anch’essa transitoria) di cui all’articolo 14, comma 1, d.m. n. 144 del 2015 a coloro che abbiano conseguito, nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore del regolamento, un attestato di frequenza di un corso con le caratteristiche di cui al citato art. 14, comma 1, che recita: “L’avvocato che ha conseguito nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore del presente regolamento un attestato di frequenza di un corso almeno biennale di alta formazione specialistica conforme ai criteri previsti dall’articolo 7, comma 12, organizzato da una delle articolazioni di cui al comma 1 del medesimo articolo, ovvero dal Consiglio nazionale forense, dai consigli dell’ordine degli avvocati o dalle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative di cui all’articolo 35, comma 1, lettera s), della legge 31 dicembre 2012, n. 247, può chiedere al Consiglio nazionale forense il conferimento del titolo di avvocato specialista previo superamento di una prova scritta e orale. All’organizzazione e alla valutazione della prova di cui al periodo precedente provvede una commissione composta da docenti rientranti nelle categorie di cui all’articolo 7, comma 8, nominati dal Consiglio nazionale forense”.
All’articolo 2, comma 2, si precisa inoltre che la stessa disciplina transitoria si applica anche a coloro che hanno conseguito un attestato di frequenza di un corso avente i requisiti richiamati dal predetto articolo 2, comma 1, iniziato prima della data di entrata in vigore del presente regolamento e alla stessa data non ancora concluso.
Infine in relazione ai profili concernenti le sanzioni disciplinari il testo predisposto risponde adeguatamente alle censure che avevano condotto all’annullamento del testo precedente. Come si è detto, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale aveva accolto la censura concernente la previsione dell’illecito disciplinare di cui all’art. 2 c. 3, affermando, al paragrafo 10.3.4, che “è fondata la censura rivolta avverso la previsione in regolamento di una fattispecie di illecito disciplinare (art. 2, comma 3, del d.m.. Giova richiamare il testo della sentenza del Consiglio di Stato sul punto al fine di potere valutare la idoneità delle modifiche intervenute ‘Commette illecito disciplinare l’avvocato che spende il titolo di specialista senza averlo conseguito’). A fronte della disposizione dell’art. 3, comma 3, della legge, che rinvia al codice deontologico per l’individuazione dei fatti di rilievo disciplinare, la norma regolamentare è illegittima se vuole ampliare l’ambito delle fattispecie rilevanti, superflua e illogica se non perplessa, e dunque parimenti da annullare, se intende riportarsi alle previsioni del codice deontologico specificandole. Fermo il rispetto del principio della tipizzazione delle condotte rilevanti in chiave disciplinare, la disposizione regolamentare, se così ricostruita, introdurrebbe non consentiti elementi di incertezza sulle conseguenze sanzionatorie dell’indebito utilizzo del titolo, poiché alla violazione dell’art. 65, comma 1, del codice, valorizzato dal T.A.R., segue l’avvertimento, mentre potrebbero egualmente essere richiamati le prescrizioni dell’art. 35 (‘dovere di corretta informazione’) o dell’art. 36 del codice (‘divieto di attività professionale senza titolo e di uso di titoli inesistenti’), alle quali sono collegate le diverse sanzioni della censura o della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale e che rimangono comunque pienamente applicabili una volta in concreto accertati i relativi presupposti”. L’articolo 1, comma1, lettera a) dello schema stabilisce che, all’articolo 2, il comma 3 è soppresso.
Le modifiche introdotte rispondono ai rilievi proposti in sede di parere interlocutorio e colmano le lacune createsi a seguito dell’annullamento intervenuto con la sentenza del Consiglio di Stato 2017. Per tali ragioni la Sezione atti normativi esprime parere positivo sullo schema di decreto sottoposto all’esame del Consiglio di Stato.
P.Q.M.
La sezione esprime parere favorevole allo schema di decreto in oggetto
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Fabrizio Cafaggi | Gerardo Mastrandrea | |
IL SEGRETARIO
Cinzia Giglio