Quando la condotta dell’agente sia consapevolmente diretta a uccidere, ma l’evento si verifica – non per effetto di quella condotta, bensì – di altra, successiva, posta in essere dallo stesso agente in virtù dell’erronea convinzione che la vittima sia già deceduta, l’omicidio non potrebbe essere imputato a titolo di dolo, se non sotto il profilo del delitto tentato, e l’ulteriore segmento della condotta potrebbe essere ascritto all’autore solo a titolo di colpa.
Cassazione penale, sezione prima, sentenza del 16.04.2020, n. 12300