Si riporta di seguito quanto reso noto dall’Associazione Nazionale Forense (ANF), con un comunicato del 16.5.2018.
ll Sindacato Avvocati di Bari, aderente all’ANF Associazione Nazionale Forense, guidato da Leonardo Ciciolla, ha impugnato, dinanzi al Tar Lazio, il decreto del Ministero della Giustizia n. 17 del 9.2.2018 (pubblicato in GU il 16.3.2018) sui corsi obbligatori ai fini della pratica forense previsti dall’art. 43 della L. 31.12.2012, n. 247. L’iniziativa del Sindacato segue quella già intrapresa per il regolamento sulle scuola per accedere al titolo di avvocato cassazionista, tuttora sub iudice dinanzi al giudice amministrativo, che presenta gli stessi profili di illegittimità del regolamento sulle scuole forensi obbligatorie.
“Si tratta – dichiara il segretario dell’Associazione Nazionale Forense Luigi Pansini – di un regolamento passato inosservato, che si rivela, tuttavia, molto delicato perché introduce l’idea del numero chiuso per l’accesso alla professione, non prevista dalla legge professionale forense del 2012. Si consegna agli ordini circondariali un’assoluta discrezionalità sul riconoscimento dei soggetti terzi che possono organizzare attività formative e si limita la libertà di formazione dei tirocinanti. La legge professionale del 2012 ha tra i suoi punti qualificanti quello di favorire l’accesso alla professione di avvocato e l’accesso alla stessa, in particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito e il regolamento ribalta questo principio fondante. Assurdo, poi, che a dicembre l’esame di abilitazione alla professione, che andava e va riformato, debba essere affrontato senza codici annotati”.
“Al 31 dicembre 2017 – aggiunge Pansini – gli avvocati complessivamente iscritti agli albi sono 245.631, e il numero, rispetto a cinque anni fa, quando è stata approvata la nuova legge ordinamentale, è cresciuto così come è cresciuto il numero dei professionisti in Italia, il 22% in più rispetto al 2007. L’età media dei professionisti in attività è salita, il tasso di crescita con cui i giovani entrano nel mondo delle professioni ordinistiche è rimasto largamente positivo, perché non c’è soltanto il classico lavoro che conosciamo di ogni professione ma molte nuove specializzazioni sono richieste dal mercato. Dunque i numeri dell’Avvocatura non devono spaventare; preoccupa invece il loro utilizzo distorto e che a farne le spese siano le giovani generazioni”.
“L’Avvocatura è stata vittima della strumentalizzazione dei numeri sulla giustizia civile e si è vista cadere dall’alto continue riforme dei codici di rito, contestando le scelte del legislatore; oggi non può comportarsi nello stesso modo nei confronti dei giovani praticanti. Spiace – conclude Pansini – che nessuno abbia preso posizione su questo regolamento con una seria riflessione sul futuro delle nuove generazioni di avvocate e avvocati”.